Che fine ha fatto il Castello di Pianezza?
Da Claudio Pasqua
Aprile 06, 2024
Un tempo, nel cuore di Pianezza, sorgeva un castello tanto maestoso quanto schivo, che sembra aver preso alla lettera l’idea di “lasciare il segno” nella maniera più letterale possibile, scegliendo di sparire completamente!
“Ma che fine ha fatto?” vi chiederete. Ebbene, il nostro castello ha deciso di fare quello che molti di noi sogneremmo di fare dopo una lunga settimana di lavoro: ha fatto le valigie e se n’è andato. No, non proprio. In realtà, nel 1808, ha avuto un incontro ravvicinato con la demolizione, un destino decisamente più terreno e meno fiabesco.
Immaginate la scena: un giorno sei un castello, con le tue torri, i tuoi fantasmi, le tue feste. Il giorno dopo, puff, sei diventato un ricordo, forse un parco giochi o il posto perfetto per una passeggiata con il cane. La morale della storia? Anche i castelli, con tutta la loro grandezza e storia, devono ammettere che, quando è ora di andare, è meglio farlo con stile (anche se un po’ di malinconia resta, soprattutto per chi ha dovuto cancellare l’invito alla festa medievale dell’anno).
La storia del Castello di Pianezza
In un’epoca in cui costruire un castello era più popolare che aggiornare il proprio status su Facebook, i Vescovi di Torino decisero che era il momento di fare un bel gesto di interior design urbano. Così, tirarono su il Castello di Pianezza, un maniero che sorgeva con un certo aplomb a sud dell’attuale Parco di Villa Lascaris, praticamente in bilico all’incrocio tra Via Maria Bricca e la Discesa al Filatoio – una posizione che ti faceva sentire come se stessi facendo bungee jumping ogni volta che guardavi fuori dalla finestra.
Federico I Barbarossa, un imperatore con una passione per il campeggio invernale in Piemonte, diede al Vescovo Guido di Torino un bel pacchetto di diritti che suonava più o meno come: “Puoi fare il capo qui, ma solo entro un raggio di 10 miglia, ok?” Nel frattempo, i Savoia, che non erano tipi da lasciarsi sfuggire un buon castello, lo passarono come regalo di matrimonio a Margherita, perché nulla dice amore come un’antica fortezza. Ma come in ogni buona soap opera storica, arrivarono i Provana che lo strapparono ai Monferrato, solo per ribellarsi poi agli Acaja e vedere il castello assediato e conquistato come in una puntata di Game of Thrones, ma senza draghi.
Il massimo del lusso arrivò quando Emanuele Filiberto lo comprò per la sua “favorita” Beatrice Langosco, creando per lei il Marchesato di Pianezza. Immaginate un po’ la chat di gruppo dei nobili dell’epoca: “Ragazzi, Emanuele ha ancora colpito, ha regalato un intero castello a Beatrice!
Sul fronte delle difese, il castello contava su un dislivello naturale e bastioni che lo facevano sembrare impenetrabile, ma probabilmente aveva anche un ponte levatoio per quando si voleva fare la spesa senza incontrare nemici. Alla fine, però, si trasformò in MTV Cribs versione 1700, con cento camere, un salone gigante e giardini in cui perderci i bambini.
Durante l’assedio di Torino, alcuni francesi si rifugiarono nel castello, probabilmente pensando di essere in un Airbnb. Ma Maria Bricca, una specie di Indiana Jones in gonnella, li condusse attraverso i sotterranei fino a sorprenderli mentre ballavano, trasformando una festa in un’imboscata. Questo fu il prequel della liberazione di Torino, dimostrando che a volte una buona festa può davvero cambiare la storia.
Infine, nel 1808, il castello fu smontato pezzo per pezzo come un set di LEGO, e il terreno venduto.
Pensate che nel 1785, i Simiana (vedi foto) avevano già nello stesso luogo la loro versione personale di un frigorifero gigante: una ghiacciaia che era più profonda di un tuffo in piscina nelle giornate estive, con 7 metri di profondità. Con un diametro che partiva da 3 metri in cima per restringersi a 1 metro alla base, aveva tutta l’aria di un cono gelato rovesciato sepolto nel terreno. Questo bunker del freddo poteva contenere fino a 24 metri cubi di ghiaccio, che è più o meno la quantità di neve che ti aspetti di dover spalare dal vialetto ogni inverno.
Coperta da una cupola sotterranea e una tettoia (che ormai è diventata un pezzo da museo), l’intera struttura era progettata per tenere l’ombrellone sopra il ghiaccio, garantendo che rimanesse bello fresco e pronto per l’uso. E quando dico uso, intendo che questo ghiaccio non era solo per raffreddare le bevande durante le feste in giardino. Oh no, stiamo parlando di un multitasking del XVIII secolo: conservare cibi, abbassare la febbre (perché chi ha bisogno di medici quando hai un blocco di ghiaccio?) e, naturalmente, preparare gelati e bevande fresche. Fondamentalmente, era il sogno di ogni food blogger ante litteram e il miglior amico di chiunque si sentisse un po’ caldo sotto il colletto.
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Claudio Pasqua
Giornalista scientifico. Direttore ADI - Agenza Digitale Italiana