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Nuovo gene che causa l’Alzheimer scoperto alle Molinette: la ricerca e le implicazioni

Da Gianluca Rini

Gennaio 26, 2025

Nuovo gene che causa l’Alzheimer scoperto alle Molinette: la ricerca e le implicazioni

Un ampio lavoro di ricerca svolto presso le strutture delle Molinette a Torino ha aperto una strada inedita sul fronte dell’Alzheimer, grazie all’individuazione di un gene collegato alla forma tardiva della malattia. Questo risultato, divulgato all’interno della testata scientifica Alzheimer’s Research & Therapy, lascia intravedere nuove possibilità per la definizione di strategie cliniche più mirate.

La scoperta di Grin2C e influenza sulla neurodegenerazione

La recente indagine ha rilevato alterazioni nel gene denominato Grin2C, una componente essenziale del recettore Nmda, associato all’azione del glutammato. Quest’ultimo svolge un ruolo di primo piano nel dialogo fra i neuroni. Il gruppo coordinato dalla dottoressa Elisa Rubino ha analizzato una famiglia italiana con insorgenza tardiva della condizione, ricorrendo a tecniche avanzate di genetica molecolare.

Le mutazioni scoperte favoriscono una maggiore reattività delle cellule nervose e modificano i rapporti tra la proteina e altre molecole neuronali. Questo fenomeno può dare origine a una sovrastimolazione, con conseguenze letali per la cellula e un conseguente declino progressivo delle abilità cognitive.

Alcuni geni noti e il nuovo scenario aperto da Grin2C

Ricerche precedenti si erano già focalizzate su geni come Psen1, Psen2 e App, collegati soprattutto a forme di Alzheimer in età più giovane. L’attenzione su Grin2C evidenzia quanto sia decisiva la cosiddetta “eccitotossicità” indotta da un’eccessiva presenza di glutammato. Un’attività neuronale fuori controllo può avviare processi distruttivi, danneggiando vaste aree del tessuto cerebrale.

Interventi precoci e scenari per la ricerca

Un aspetto di particolare rilievo emerso dallo studio riguarda l’osservazione di problemi dell’umore, specialmente depressivi, che si sono manifestati anni prima del declino cognitivo. I ricercatori ipotizzano che questa correlazione possa favorire approcci di prevenzione mirati, utili a ritardare le conseguenze più gravi legate alla degenerazione neuronale.

Il lavoro ha coinvolto specialisti delle università di Torino, Pavia e Milano, delineando una stretta collaborazione scientifica. Oltre a chiarire alcuni meccanismi genetici alla base dell’Alzheimer, i risultati sottolineano la necessità di sviluppare metodologie innovative in grado di tenere sotto controllo l’eccesso di glutammato, con l’obiettivo di salvaguardare il cervello da danni irreparabili.

La patologia si origina da un intreccio di fattori ereditari e ambientali, come ipertensione, diabete e abitudini di vita scorrette, che favoriscono l’accumulo di beta amiloide e tau all’interno del sistema nervoso. Comprendere meglio il ruolo di Grin2C in questo quadro potrebbe consentire la creazione di interventi terapeutici più precisi, aiutando a contenere la progressione dei sintomi.

Nel suo complesso, questa novità scientifica potrà fornire un sostegno concreto a chi affronta la malattia e orientare nuove ricerche sui processi biologici che innescano la degenerazione neuronale. Agire con rapidità sui circuiti cerebrali e su specifiche varianti genetiche potrebbe avvicinare l’obiettivo di rallentare significativamente l’avanzamento dell’Alzheimer.

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Gianluca Rini

Sono laureato in Comunicazione e Multimedia e in Scienze Turistiche, ho conseguito un Master in Giornalismo e Comunicazione. I miei interessi vanno dall'Italia e le realtà delle città del nostro Paese fino alla tecnologia e a tutto ciò che riguarda la cultura.

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