Nuove regole e restrizioni per la movida torinese
Da Redazione TorinoFree.it
Settembre 13, 2013
Dopo la “morte dei Murazzi”, arriva un’altra brutta notizia per gli amanti della movida torinese. Infatti, l’amministrazione comunale ha disposto una nuova regolamentazione che prevede il blocco delle licenze in alcuni quartieri, oltre alla limitazione delle vendite di bevande alcoliche e multe salatissime per chi sfora il limite massimo di 50 decibel fissato dalla legge. Ma il dato più saliente del provvedimento è che la musica dovrà essere stoppata dopo le 23.
Ma la movida è anche un giro d’affari. A confermarlo è la Confesercenti di Torino che conta circa 200 locali destinati al divertimento notturno. Inoltre, aggiunge Confesercenti, che in media vi sono 4/5 dipendenti per ogni locale, un dato molto significativo per l’occupazione. Ovviamente ci sono delle zone urbane dove tali attività commerciali sono altamente concentrate: Vanchiglia, San Salvario e il cosiddetto Quadrilatero Romano. A onore del vero va detto che il giro d’affari frutta parecchio anche alle casse del Comune. Infatti, il costo di una licenza, pur variando in funzione delle dimensioni del locale, si aggira ai 30mila euro ai quali vanno aggiunte le tasse per l’occupazione del suolo pubblico e la tanto contestata TARSU. Ma perché l’amministrazione pubblica è approdata a tale decisione? La motivazione è abbastanza significativa. Infatti i residenti nelle zone della movida, denunciano ormai da anni diversi problemi, tra cui: bottiglie rotte, rumore fino all’alba e ubriachi molesti, ma anche spaccio e risse ripetute. Un caso eclatante è proprio quello dell’esposto presentato dall’Associazione Abitanti di piazza Vittorio sui Murazzi, la storica via che costeggia il Po, dove sorgono una decina di locali aperti fino all’alba. La denuncia, che aveva come bersaglio il fracasso, le risse e i borseggi, ha messo in luce un sistema fatto di abusivismo e insolvenze nei confronti del Comune. Molti spazi dei locali, infatti, non avrebbero avuto la licenza e, secondo l’associazione, erano debitori di quasi un milione di euro nei confronti dell’amministrazione comunale a causa di licenze non pagate, accumulate negli anni. Risultato? Lucchetti su quasi tutti i locali sul lungo Po. Queste le parole di Simonetta Chierici dell’associazione piazza Vittorio: «L’esplosione dei locali notturni e la concessione sregolata delle licenze, ha cambiato i connotati al quartiere, trasformando il divertimento notturno in movida selvaggia».
Ma se i Murazzi hanno chiuso i battenti, il divertimento si è spostato soprattutto nella zona di San Salvario. I residenti non ci stanno: le strade sono troppo strette e i bar troppo piccoli. Insomma, a detta degli abitanti, il quartiere non è in grado di accogliere un giro di clienti di questa portata. Allora anche qui i cittadini si
aggregano in associazioni per combattere il fenomeno. Racconta Eliana Strona di Rispettando San Salvario che «il volto del quartiere è stato stravolto dall’invasione dei locali, non solo per le modalità di gestione selvaggia, ma anche dal fatto che molte attività commerciali e artigianali diurne, caratteristica tradizionale e vanto del quartiere, sono sparite». Inoltre continua a persistere il problema della sicurezza. I residenti di San Salvario, come quelli di piazza Vittorio e Vanchiglia, continuano a lamentare risse e atti molesti. Neppure lo spaccio di droga, dice Strona, sarebbe diminuito, ma avrebbe semplicemente cambiato volto, creando solamente un minore allarme mediatico. Così, per i residenti dei 3 quartieri della movida, andrebbe limitato l’orario di chiusura e i locali dovrebbero essere spostati dal centro alla periferia. Ma non per tutti queste soluzioni sono convenienti. Infatti, ridurre gli orari o delocalizzare il divertimento potrebbe tradursi in un danno economico e nella perdita di centinaia di posti di lavoro.
Per Max Casacci, fondatore e chitarrista dei Subsonica e direttore del Torino Free Music Festival, Torino, negli ultimi anni, è stata in grado anche di fornire offerte di alto livello a costi accessibili. Ma oltre alle questioni economiche, Casacci vuole mettere l’accento sulla centralità culturale e di aggregazione della vita notturna torinese e dichiara: «Non si tratta solo di immagine, di turismo, di incoming giovanile studentesco. Si tratta anche della capacità rigenerazione culturale e creativa. Insomma, un luogo dove viene permesso l’incontro costante tra mondi differenti, al netto della ‘caciara’ generalista, dei locali furbetti che smerciano alcol a basso costo, dei semplici divertimentifici per rumorosi fighetti». Sprovincializzare Torino sarebbe un grosso errore, dice Casacci: le criticità si devono affrontare e risolvere. Abbassare le serrande, spegnere la musica e svuotare le strade sarebbe un danno per tutti.
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