venerdì, Giugno 28, 2024
HomeNewsFarò di San Giovanni: storia e significato

Farò di San Giovanni: storia e significato

La notte prima della festa di San Giovanni, a Torino, in Piazza Castello, viene accesa una grande pira di legna, sulla quale è posta la sagoma di un toro. Questo evento non viene chiamato “falò”, come in tutta Italia, ma “farò”. Perché a Torino si usa questo termine?

La storia del farò di San Giovanni: San Giovanni Battista è stato scelto come patrono di Torino nel 602 dal Re Longobardo Aginulfo, che fece costruire una tripla chiesa dedicata a San Salvatore, Santa Maria di Dompno e San Giovanni. Quest’ultimo era anche il protettore di tutto il Regno Longobardo, motivo per cui fu scelto come patrono.

Durante il Medioevo, vari riti pagani accompagnavano la festa del patrono. Tra questi, vi era l’usanza di raccogliere erbe fresche per la nuova stagione e bruciare quelle vecchie inutilizzate in un grande falò. Questi riti, legati al solstizio d’estate, sono stati integrati nelle tradizioni religiose cattoliche.

Il falò veniva allestito in Piazza Castello, inizialmente in via Dora Grossa (oggi via Po). In origine, in cima al falò c’era un palo, ma già nel Medioevo venne sostituito da una figura di toro, simbolo della città. A dar fuoco alla pira era il figlio giovane del Re, simbolo del futuro, oggi rappresentato dal sindaco.

La caduta del farò: la direzione in cui cade il toro dal farò indica se l’anno sarà favorevole o sfavorevole per Torino. Se il toro cade verso sud, sarà un anno propizio; se cade verso nord, sarà nefasto. Questa tradizione probabilmente deriva dal fatto che a nord della pira si trova Palazzo Reale, quindi un rogo che cade verso la residenza dei regnanti sarebbe un cattivo presagio.

Perché il falò di Torino si chiama farò: non esiste una spiegazione precisa per la denominazione diversa. L’accensione del Farò era associata a rituali propiziatori pagani per celebrare il solstizio d’estate, successivamente cristianizzati in onore di San Giovanni Battista, patrono della città. Questo termine è strettamente torinese, poiché nel resto del Piemonte non era particolarmente diffuso. In Piemonte, il termine “falò” si traduce solitamente con “burniser”.

Foto principale Foto di proprietà di: Redazione web – www.comune.torino.itFoto di proprietà della Città di Torino, CC BY 3.0, via Wikimedia Commons

Claudio Pasqua
Claudio Pasqua
Giornalista scientifico. Direttore ADI - Agenza Digitale Italiana
RELATED ARTICLES
Privacy Policy Cookie Policy