Il Faro della Vittoria: simbolo di Torino, tra storia e panorami
Da Isan Hydi
Settembre 03, 2024

Sulla cima più alta di Torino si erge maestosa e potente il faro della Vittoria Alata: la dea romana che personifica la vittoria in battaglia. Con lo sguardo orgoglioso rivolto verso l’alto, la statua sorregge la fiaccola al cui interno trova posto il faro della città di Torino.
Nelle notti in cui le luci della collina non sono troppo abbaglianti, è possibile scorgere un fascio luminoso che dalla sommità più alta della città si rivolge a Torino. Un monumento simbolo della vittoria italiana del 1918, la storia del Faro della Vittoria è una storia di conquiste, ma anche di perdite.
Faro della Vittoria: caratteristiche dell’opera di Edoardo Rubino
Il Faro della Vittoria viene anche definito Faro della Maddalena, poiché è ubicato sulla sommità del Parco della Rimembranza, a sua volta sito sul Colle della Maddalena, che con i suoi 715 metri è la cima più alta di Torino.
La statua raffigurante la Vittoria Alata è un’opera del celebre scultore torinese Edoardo Rubino, a cui venne commissionata dall’imprenditore e senatore italiano Giovanni Agnelli, fondatore della casa automobilistica Fiat.
L’intento era quello di celebrare la vittoria dell’Italia contro Germania e Austria nella Prima Guerra Mondiale, a distanza di dieci anni dalla fine del conflitto. Siamo quindi nel 1928.
La Vittoria Alata torinese è alta 18,5 metri, e poggia su un basamento in pietra alto 8 metri. Il peso complessivo dell’opera ammonta a 25 tonnellate. Nonostante al giorno d’oggi la Vittoria Alata possa sembrare una statua come un’altra in fatto di dimensioni, si deve però considerare che nel 1928 si trattava della più grande statua fatta interamente in bronzo del mondo.
La statua della Vittoria Alata, nata prima del Cristo Rey di Rio de Janeiro, era in quegli anni una delle statue più alte del mondo dopo la Statua della Libertà negli Stati Uniti. Un monumento colossale dal valore simbolico immenso.
Faro della Vittoria Torino: l’epigrafe di Gabriele D’Annunzio
Sulla facciata del basamento della Vittoria Alata è incisa una epigrafe di Gabriele D’Annunzio, che ha contribuito con il suo carisma ad accendere gli animi degli italiani negli anni del conflitto. Si legge:
“Alla pura memoria / all’alto esempio / dei mille e mille fratelli combattenti / che la vita donarono / per accrescere la luce della patria / a propiziar col sacrificio l’avvenire / il durevole bronzo /la rinnovante selva /dedicano / gli operai di ogni opera / dal loro capo Giovanni Agnelli / adunati sotto il segno / di quella parola breve/ che nella Genesi / fece la luce”
Nella prima parte dell’epigrafe il pensiero del poeta è rivolto ai soldati caduti, che donarono la vita per la patria e propiziarono un futuro migliore con il loro sacrificio al fronte. Subito dopo l’attenzione si sposta a Torino, e in particolare all’imprenditore Giovanni Agnelli, i cui operai sono raccolti sotto il segno “di quella parola breve che nella Genesi fece la luce”. La “parola breve” di cui parla D’Annunzio è proprio “FIAT”: la Fabbrica Italiana Automobili Torino e al contempo un rimando all’espressione biblica “Fiat lux et lux facta est” (“Sia fatta la luce, e luce fu”); quella di Agnelli è però una luce nuova, e pertanto D’Annunzio conclude l’epigrafe con “Fiat lux: et facta est lux nova”.
La dea Vittoria nella mitologia romana
Vittoria – in latino Victoria – è la dea romana che personifica la vittoria in guerra, veniva raffigurata come una donna alata. Gli antichi romani si rivolgevano a lei perché convinti che decretasse chi avrebbe vinto la guerra e chi invece avrebbe trovato la morte sul campo di battaglia.
Il culto della dea Victoria non era inizialmente molto diffuso presso gli antichi, anche perché in origine “Vittoria” era uno dei numerosi epiteti che si usavano per riferirsi a Giove, Iuppiter Victor. La Vittoria Alata iniziò ad essere venerata con maggiore fervore negli ultimi anni della Repubblica, grazie anche all’influenza della cultura greca.
Il dittatore romano Silla, dopo aver vinto la Battaglia di Porta Collina, decise di istituire i giochi Victoria Sullana, così chiamati in onore della dea. La stessa cosa fecero in seguito gli imperatori Giulio Cesare (Victoria Caesaris) e Augusto (Victoria Augusti). In questo modo il culto della dea Victoria si rafforzò ulteriormente.
L’inaugurazione (mancata) del Faro della Vittoria
Una delle statue più imponenti, commissionata da uno degli imprenditori più importanti e realizzata da uno degli scultori più celebri di quegli anni, eppure il Faro della Vittoria non vide alcuna inaugurazione solenne.
La storia di quest’opera racconta di conquiste, come la vittoria dell’Italia nel primo conflitto mondiale, ma anche di perdite, innanzitutto dei soldati che hanno dato la vita per la patria, ma ci fu un’altra perdita che condizionò gli eventi legati al Faro della Vittoria.
Inizialmente era previsto che l’inaugurazione solenne del Faro della Vittoria avesse luogo il giorno 24 maggio, lo stesso giorno in cui nel 1915 “il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti”. Tuttavia, in quei giorni la famiglia Agnelli fu colpita da un grave lutto: si spense alla giovane età di 38 anni Caterina Agnelli, la figlia del senatore Giovanni Agnelli.
Ad oggi non sono note le cause della prematura scomparsa di Anicetta – così veniva affettuosamente chiamata – Agnelli. In seguito a questo accaduto, la famiglia decise di annullare l’inaugurazione.
In via ufficiale, la comunità di Torino ha ricevuto la Vittoria Alata il 4 giugno del 1928, alla presenza dell’ufficiale Carlo Carbonnet in rappresentanza di Giovanni Agnelli, di Giorgio Scannagatta per la città di Torino, dello scultore Edoardo Rubino, di Giuseppe Debenedetti ed Emilio Giay.
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Isan Hydi
Direttore responsabile di Torinofree.it, giornalista e fondatore di Rankister.com e Wolf.agency , esperto in Digital Pr e link building, scrive notizie di attualità e curiosità dal mondo.