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Teatro, l’amore materno e il dramma di un figlio tossicodipendente

Da Redazione TorinoFree.it

Gennaio 05, 2015

Teatro, l’amore materno e il dramma di un figlio tossicodipendente

Teatro a Torino, CreaturamiaIn “Creaturamia…”, monologo a tinte forti in scena il 10 e l’11 gennaio al Cuboteatro di Torino.

La storia e l’eroismo di Marina, madre disperata ma coraggiosa, che ripercorre l’odissea del figlio Gianluca, schiavo della droga: il dolore, la forza e perfino un po’ di ottimismo si mescolano nell’intensa interpretazione dell’attrice-regista Marianna Esposito

Una stanza vuota. Abitata solo da ricordi. In scena una madre, senza figlio. Marina è madre, ma Gianluca, 17 anni, non è con lei. Marina non smette, non riesce a smettere di essere madre; allora, rivolgendosi al figlio assente, srotola i propri ricordi e narra una storia. La storia di un ottimismo disperato. La storia di “quarantasei anni di gioia e quattromila anni d’inferno”, a partire dal primo passo: Gianluca in overdose. Da quel momento, pietra dopo pietra, Marina ripercorre un cammino fatto di disgrazia, speranza, delusione, felicità, frustrazione, ottimismo, bestemmia, gioia e dolore.

Creaturamia… – scritto, diretto e interpretato da Marianna Esposito – è un monologo a tinte forti, che parla del dramma di una madre il cui figlio, dopo la morte del padre, diventa tossicodipendente. Liberamente tratto dal romanzo Caracreatura di Pino Roveredo (edito da Bompiani), Creaturamia… non è semplicemente una storia di dipendenza dalla droga e di legami familiari che vanno in frantumi. È, infatti, anche una storia di forza e di tenacia, di ottimismo e di dolore, miscelati nel corpo di una madre che combatte per quello a cui tiene di più: suo figlio. È, soprattutto, una storia d’amore, quello materno, forse il più puro perché incondizionato. Con un lieto fine: Marina riesce far arrestare gli spacciatori che vendevano la droga a Gianluca; in seguito farà lo stesso con il figlio, poi condannato a 5 anni di prigione. Uscito dal carcere, Gianluca entra in una comunità di recupero, riesce a disintossicarsi e, finalmente, si riconcilia con la madre.

Quello di Marina è un personaggio tragicomico, a volte goffo, a tratti grottesco, ma in fondo reale e il pubblico, con lei, ride e piange allo stesso tempo.
La pièce, prodotta dalla compagnia milanese TeatRing, è stata presentata nel corso di varie rassegne, incluso l’Edinburgh Fringe Festival, e in luoghi non convenzionali (come le scuole e le carceri), tra cui la Casa di reclusione di Bollate (Milano), riscuotendo gli apprezzamenti della stampa e della critica: «Marianna Esposito dà vita ad uno spettacolo in cui il movimento è importante al pari delle parole e in cui l’ottima recitazione è affiancata da interessanti scelte di regia e di allestimento (…) Il risultato – ha recensito il giornale on line 2duerighe.com – è uno spettacolo di forte impatto, in cui la vicenda di una donna che continua a lottare mentre la sua vita va progressivamente in pezzi diviene quasi un modello, un esempio e un invito a non arrendersi mai, a trovare sempre la forza per difendere quello che si ha di più caro». Per Carte Bollate, periodico d’informazione del carcere lombardo, «il monologo, di oltre un’ora e mezza, è retto con maestria da Marianna Esposito (…) Il dramma pieno di sfaccettature di Marina si è trasformato in un’esplosione di emozioni».

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