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Quali piante piacciono ai ricercatori dell’Università di Torino?

Da Claudio Pasqua

Maggio 11, 2021

Quali piante piacciono ai ricercatori dell’Università di Torino?

La domanda è tutt’altro che banale. “Dobbiamo a loro la nostra esistenza e sono tante: più di 400mila le specie note, di cui 353mila piante a fiore” [1] 

Eppure quando ci rechiamo in un centro commerciale, un vivaista, che ci propone un numero risibile di piante tra le numerose varietà del pianeta, siamo comunque portati a scegliere le piante più attraenti. Quelle più belle esteticamente. Non ci aspetteremmo lo stesso da parte di un ricercatore scientifico! Le piante, come gli essere viventi, hanno un valore intrinseco, in quanto facente parte della biodiversità, e dunque tutte hanno una loro importanza, non coincidente con il loro valore estetico. 

E invece no!

Una recente pubblicazione su Nature Plants [2] a cura di ricercatori di UniTo e Cnr ha rivelato che alcune caratteristiche morfologiche attirano di più l’attenzione degli studiosi. Un comportamento molto “umano” che sembra andare contro l’idea compassata del ricercatore scientifico. 

Caratteristiche come gli steli più alti e i fiori dai colori sgargianti, attirano di più l’attenzione dei ricercatori impegnati nello studio delle piante.

Il lavoro è stato condotto dall’Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche di Verbania (Cnr-Irsa) e dall’Università di Torino in collaborazione con l’Università Federico II di Napoli, il Museo di scienze naturali di Berlino e la Curtin University in Australia e ha analizzato 113 specie delle Alpi sud-occidentali, menzionate in 280 pubblicazioni scientifiche negli ultimi 45 anni.

Le piante hanno giocato un ruolo significativo nell’evoluzione della scienza moderna e le loro proprietà continuano ad essere al centro di importanti ricerche. “In questo studio abbiamo analizzato 280 articoli sottoposti a peer-review dedicati a 113 specie di piante tipiche delle Alpi sud-occidentali, pubblicati negli ultimi 45 anni. Abbiamo scoperto che alcune caratteristiche morfologiche, come gli steli più alti e i fiori dai colori ben visibili, siano tra i tratti che maggiormente attirano l’attenzione dei ricercatori”, dichiara Martino Adamo, ricercatore del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino e primo autore dello studio.

I fiori blu attraggono più dei verdi e marroni 

“Abbiamo osservato come le piante dai fiori blu sono molto più studiate rispetto a quelle con fiori scarsamente pigmentati (verdi o marroni). Anche l’altezza dello stelo, che in un certo senso è la capacità di una pianta di svettare tra le altre e quindi ‘farsi notare’ dall’osservatore, è un fattore di selezione importante. Al contrario, e forse paradossalmente, il rischio di estinzione delle specie e i loro tratti ecologici non influiscono sulla probabilità che una specie venga studiata”, aggiunge Stefano Mammola del Cnr-Irsa.

Un bias negativo che non fa bene alla scienza e alla natura

In statistica bias è la tendenza a variare dal valor medio. Un bias cognitivo è un pattern sistematico di deviazione dalla norma o dalla razionalità nel giudizio. Un po’ come quando siamo innamorati insomma, e vediamo il partner come un semidio.  In questo caso si tratta di un “bias estetico” negli sforzi della ricerca, sostengono gli autori. “Questo pregiudizio può avere impatti negativi in quanto può orientare gli sforzi di conservazione a favore delle piante più attraenti, indipendentemente dalla loro importanza ecologica per la salute dell’ecosistema generale”, osserva il ricercatore di UniTo Adamo“Questi risultati hanno quindi implicazioni rilevanti per rendere più oggettiva la ricerca scientifica e, in senso ampio, per una più equa prioritizzazione delle specie da proteggere”.

Lo studio intende fornire un’occasione di ragionamento. “Il nostro lavoro non vuole essere una critica alla ricerca svolta dei colleghi, ma piuttosto uno spunto di riflessione”, conclude il ricercatore Cnr-Irsa Mammola“Sebbene le scelte siano a volte guidate dalla comunicabilità del risultato scientifico è comunque importante riflettere sul nostro approccio alla conservazione e renderlo il più equo ed oggettivo possibile: anche un fiore marroncino contribuisce al corretto funzionamento dell’ecosistema, ed è quindi importante studiarlo e proteggerlo”.

[1] Prefazione di Telmo Pievani al libro “Interazioni Piante-Ambiente” di Luigi Sanità di Toppi – Piccin editore

[2] https://www.nature.com/articles/s41477-021-00912-2

Fonte: Università degli Studi di Torino

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Claudio Pasqua

Giornalista scientifico. Direttore ADI - Agenza Digitale Italiana

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