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Porta Palatina: un tuffo nella storia romana di Torino

Da Cristina Taverniti

Marzo 27, 2023

Porta Palatina: un tuffo nella storia romana di Torino

Principale testimonianza archeologica dell’epoca romana nella città di Torino, nonché una delle porte urbiche risalenti al I secolo a.C. meglio conservate in tutto il mondo, la Porta Palatina è un vero e proprio varco sul passato della civitas romana Iulia Augusta Taurinorum, a cui consentiva l’accesso settentrionale.

Etimologia

Spesso viene erroneamente indicata al plurale (“Porte Palatine”), ma se la si vuole indicare correttamente, trattasi dell’antica Porta Principalis Sinistra, dalla quale si accedeva alla città romana oggi nota come Torino.

La Porta Palatina non ha però sempre portato questo nome. Era inizialmente conosciuta come Porta Doranea, poiché poco distante dalla Dora Riparia.

Fu solo successivamente all’epoca romana che alla Porta Palatina venne attribuito il suo attuale nome, che deriva dal latino “Porta Palatii. Sono diverse le ipotesi che potrebbero spiegare il termine, ma la più attendibile sostiene che con “Palatii” si intenda indicare la prossimità con il Palatium. Quest’ultimo potrebbe coincidere con l’attuale Palazzo Civico, oppure potrebbe essere il Palazzo Longobardo (la Casa del Senato), residenza storica dei sovrani longobardi che dista pochissimo dalla Porta Palatina.

Storia della Porta Palatina: dall’antica Roma al Settecento

La Porta Palatina fu edificata nel I secolo a.C., non è certo se fu nel corso dell’Età Augustea o dell’Età Flavia. Un altro dubbio riguarda la presunta antecedenza all’edificazione della cinta muraria, si suppone però che sia questo il caso, e in particolare che venne edificata su una porta della precedente epoca repubblicana.

La Porta Palatina si apriva sulla strada che in passato conduceva a Ticinum (attuale Pavia) e a Mediolanum(attuale Milano). Per molti secoli mantenne la sua funzione di varco cittadino, fino a quando fu trasformata in castrum.

L’esistenza stessa della Porta Palatina venne messa a rischio nel Settecento, quando il processo di rinnovamento urbanistico promosso da Vittorio Amedeo II di Savoia (detto “la Volpe Savoiarda”) ne prevedeva lo smantellamento. Fu solo grazie all’intervento dell’ingegnere Antonio Bertola che ciò non si verificò. L’ingegnere, che vanta la nomina di Primo Architetto civile e militare della storia di Torino, riuscì a convincere Vittorio Amedeo II della necessità di preservare la Porta Palatina, in quanto detentrice di immenso valore storico e architettonico.

Nonostante si riuscì ad evitare la scomparsa della Porta Palatina, questa cambiò nuovamente funzione: nel 1724 le torri ormai inutilizzate divennero prima un carcere e successivamente un istituto di reclusione femminile.

Decadimento e restauri della Porta Palatina: dall’Ottocento al Novecento

Vittorio Emanuele II di Savoia commissionò la costruzione del complesso carcerario “Le Nuove” nel 1860, a quel punto la Porta Palatina, ormai fatiscente, fu sottoposta ad un primo restauro.

Quarant’anni dopo, agli inizi del Novecento, l’architetto Alfredo D’Andrade (che era anche archeologo e pittore) mise le mani sulla Porta Palatina e vi operò un nuovo e radicale restauro, il cui principale obiettivo era di eliminare tutti gli interventi che nel corso dei secoli e dei restauri precedenti avevano appesantito la struttura.

Liberata e riportata al suo aspetto originario, nonché attuale, la Porta Palatina non fu però lasciata stare, e nel 1934 venne il turno dell’ultimo grande restauro che interessò l’antico monumento di epoca romana. I lavori furono ordine del regime fascista e si conclusero quattro anni dopo, nel 1938.

In primis, i fornici vennero aperti e la Porta Palatina fu isolata dal resto del contesto urbano in cui si inseriva, per lo scopo vennero anche abbattute diverse vecchie case. Gli archeologi denunciarono questi interventi, poiché originariamente la Porta sorgeva proprio a ridosso dell’abitato circostante. Non soltanto, gli esperti contestarono anche la collocazione di una coppia di statue bronzee, raffiguranti una Giulio Cesare e l’altra Ottaviano Augusto. Secondo gli studiosi, infatti, il fatto che le due statue siano state poste nell’area interna, che in origine era occupata dalla statio, è un errore. Sarebbe stata più credibile una collocazione esterna.

Un ulteriore piccolo intervento è datato 1961, in occasione del centenario dell’unità nazionale, l’ingegnere italiano pioniere dell’illuminazione pubblica, Guido Chiarelli, progetto una nuova illuminazione per la Porta Palatina, che fu prontamente realizzata.

Per preservare al meglio la Porta Palatina, che fino agli anni Settanta del secolo scorso era aperta al traffico automobilistico, nel quadro della nuova risistemazione urbanistica degli anni Ottanta, fu deciso che l’area sarebbe diventata interamente pedonale.

Il Parco Archeologico: la Porta Palatina oggi

Ad oggi, la Porta Palatina è la maggiore testimonianza archeologica dell’epoca romana a Torino, ed è altresì una delle porte urbiche del I secolo a.C. che si è meglio conservata nei secoli in tutto il mondo.

Relativamente di recente rispetto alla millenaria storia della Porta Palatina, Torino ha inaugurato il Parco Archeologico. L’idea iniziale consisteva nel ridisegnare completamente l’area secondo il progetto realizzato dai tre architetti Aimaro Isola, Giovanni Durbiano e Luca Reinerio.

Fu così che nel 2006, la Porta Palatina venne finalmente riportata alla sua funzione originaria di ingresso. Se nel I secolo a.C. consentiva l’accesso all’antica città romana di Iulia Augusta Taurinorum; oggi rappresenta l’ingresso ideale alla zona più antica e ricca di storia di Torino: il Quadrilatero Romano, che include anche l’antico Teatro.

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Cristina Taverniti

Torinese con la passione per la scrittura e per la fotografia. Credo fermamente che ogni giorno ci sia una storia che valga la pena d'essere raccontata e conosciuta. Ho frequentato l'Albe Steiner e l'università degli studi Alma Mater di Bologna, facoltà Tecniche e culture della Moda, ma non smetto mai d'imparare e conoscere cose nuove!

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