Storia dei grissini torinesi: dalle origini alle curiosità
Da Redona Tela
Ottobre 11, 2021
I grissini torinesi sono conosciuti in tutta Italia e vengono consumati ormai in tutte le regioni. Tuttavia forse non tutti sanno che i grissini torinesi con la ricetta originale sono tipici proprio del capoluogo piemontese. Almeno sono a questa città che si rifanno le origini storiche dei grissini. Lo stesso termine, “grissino”, è fatto derivare dalla parola piemontese ghërsa. Questo nome indica un pane da tavola che per tradizione ha una forma allungata.
Ma come sono nati i grissini torinesi? Qual è la storia che dobbiamo riuscire a comprendere per capirne di più sull’origine del grissino torinese? Scopriamo tutti i dettagli attraverso questa guida.
Le origini dei grissini torinesi
La nascita dei grissini torinesi è legata alla storia della città di Torino. Secondo la tradizione, il fornaio della corte sabauda Antonio Brunero ha ideato questo tipico pane dietro l’indicazione del medico reale, in modo che si potesse far mangiare il piccolo Vittorio Amedeo II.
I grissini sarebbero stati ideati, quindi, nel 1679, quando il principino, per le sue condizioni di salute, non riusciva a digerire la mollica del pane consueto che si consumava a tavola. Antonio Brunero avrebbe ideato proprio questo tipo di pane che non prevede la mollica, per incontrare il gusto di Vittorio Amedeo II.
Come si fanno i grissini
Nel voler rispondere alla domanda come si fanno i grissini, riprendiamo il metodo di lavorazione tipico della ricetta originale. Così riusciremo a capirne di più, perché il procedimento che si utilizzava al tempo, nel 1600, non era affatto facile.
Per la realizzazione dei grissini torinesi, infatti, si utilizzava il lavoro di quattro persone. C’era una persona che stirava, un’altra persona che tagliava e poi venivano impiegati anche altri due lavoratori, che si chiamavano “colui che introduce” e “colui che toglie”.
Ciascuna di queste figure aveva un compito esatto. Infatti c’era una persona che si occupava di stirare l’impasto e un’altra che tagliava la pasta in pezzi di circa tre centimetri. Colui che introduce era un fornaio che metteva l’impasto su una paletta stretta e lunga, che poteva arrivare anche ad una lunghezza di quattro metri. E poi la introduceva nel tipico forno alla piemontese, che era riscaldato con legna di pioppo. Poi interveniva colui che toglie, che aveva il compito di estrarre i bastoncini dal forno e di spezzarli in due.
I grissini potevano essere conservati molto a lungo, anche più del pane normale. Inoltre si rivelavano molto digeribili. Ecco perché presto questa invenzione si rivelò un vero e proprio successo, che portò alla diffusione dei grissini torinesi in tutta la regione, ma anche nel resto d’Italia.
Venivano mangiati in tutte le occasioni, in diversi momenti della giornata. Per esempio c’era anche chi li utilizzava al mattino, a colazione, per inzupparli nel latte, o a pranzo per inzupparli nel brodo. Ad ogni ora del giorno venivano mangiati come stuzzichini e c’erano sia una versione salata che una dolce. Infatti un’antica ricetta prevedeva di fare delle frittelle con grissini schiacciati, da cui si ricavava un impasto con latte e uova.
I grissini stirati torinesi
Si parla anche di grissini stirati torinesi. Infatti la forma più antica del grissino si chiama robatà, che significa proprio rotolato. Era un grissino lungo dai 40 agli 80 centimetri, che veniva arrotolato a mano. Il grissino stirato è più proprio di una tradizione ancora più recente, perché nel processo di lavorazione moderna non si ha più il classico robatà, fatto di pasta arrotolata. Infatti il grissino stirato viene allungato per ottenere una maggiore friabilità.
Qualcosa in più sulla storia dei grissini torinesi
Oggi i grissini torinesi fatti in casa costituiscono una vera specialità nel capoluogo piemontese e bisogna precisare che nel corso del tempo sono state realizzate delle varianti molto appetitose, anche con l’unione di ingredienti di varia origine.
Ma c’è qualcosa in più che dobbiamo sapere della storia di questo prodotto della gastronomia piemontese così di successo e si tratta di episodi che riguardano in particolare la loro storia.
Il primo riferimento è quello che si rifà al re sabaudo Carlo Felice, che, secondo la tradizione, si dedicava a consumare i grissini anche nel suo palco al teatro regio. Si racconta che Carlo Felice non si preoccupava affatto del fastidio che il continuo sgranocchiare poteva determinare.
Un altro episodio è quello che riguarda direttamente Napoleone, che aveva istituito perfino un servizio di corriera da Torino a Parigi dedicato proprio al trasporto dei grissini torinesi, che Napoleone chiamava “les petits bâtons de Turin”.
Un’altra versione delle origini dei grissini racconta che sarebbero stati gli stessi fornai che avrebbero studiato un modo per diminuire sempre di più le dimensioni del pane, in modo da poter guadagnare di più.
Le curiosità sui grissini torinesi
Ci sono delle tipiche curiosità legate alla storia del grissino, che ci fanno comprendere come fu rapida e interessante la sua diffusione in molti contesti. Basti pensare, per esempio, in questo senso al fatto che la principessa Maria Felicita di Savoia è stata denominata “la principessa del grissino”, perché amava tanto questa specialità gastronomica.
Luigi XIV in Francia si dice avesse fatto arrivare a Parigi due artigiani torinesi, ma a quanto pare i risultati della produzione dei grissini non risultarono particolarmente eccellenti, anche per le condizioni tipiche dell’ambiente parigino, caratterizzato dall’acqua della Senna e dall’aria che era diversa rispetto a quella che si respirava a Torino.
Maria Luisa d’Austria utilizzava i grissini spezzettandoli nel brodo. Ritornando all’episodio di Carlo Felice che mangiava i grissini torinesi perfino a teatro, bisogna ricordare il famoso episodio in cui Massimo d’Azeglio descrisse l’atteggiamento tipico del re che inghiottiva rapidamente i grissini tenendoli con due dita dall’estremità e stirandoli dall’altra parte con i denti.Questo pane così particolare viene prodotto oggi con farina 00, acqua, lievito e sale. Ci sono anche in commercio i grissini aromatizzati, per esempio con il sesamo, con il peperoncino, con il rosmarino e con lo zafferano. Inoltre sono così diffusi e apprezzati che la ricetta originale è stata completata con l’aggiunta di altri ingredienti, come noci e olive. E poi ci sono le varianti dolci, come per esempio con il cioccolato.
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Redona Tela
Redona Tela, ho 27 anni e vivo a Moncalieri in provincia di Torino, studentessa di scienze della comunicazione presso l'Università di Torino e Digital Strategist e copywriter presso la Wolf Agency. Nel tempo libero mi piace leggere libri gialli, fare lunghe passeggiate nella natura e visitare musei e mostre fotografiche. Amante della cucina e soprattutto alla costante ricerca di sapori e piatti nuovi da assaggiare in giro per sagre ed eventi di paesi.