Torino Gus Van Saint Icone
Da Redazione TorinoFree.it
Ottobre 06, 2016
Dal 6 ottobre al 9 gennaio 2017 il Museo Nazionale del Cinema di Torino ospiterà, dopo il successo ottenuto a Parigi, la mostra dedicata a un talento indiscusso della cinematografia contemporanea, Gus Van Sant attraversando i momenti più significativi della sua carriera.
Ideata da Matthieu Orléan, la mostra Icone offrirà un interessante colpo d’occhio sui tanti e preziosi materiali che testimoniano la poliedrica vena creativa del cineasta americano, con centro l’amore di Van Sant per la settima arte.
Dalle polaroid degli esordi agli acquarelli, dai dipinti ai cut-up fotografici, senza dimenticare cortometraggi inediti, video musicali, making of e montaggi con le sequenze più emblematiche tratte dai suoi film, l’esposizione cercherà di raccontare l’universo di Van Sant, regalando un affascinante chiave di lettura delle influenze letterarie, artistiche e musicali che caratterizzano il suo modo di fare cinema.
La rassegna vedrà anche da una corposa retrospettiva al Cinema Massimo dove, fino al 31 ottobre, verrano proiettati tutti i film diretti da Van Sant, in lingua originale e sottotitolati in italiano.
Ospite a Torino per l’apertura della mostra, Gus Van Sant si è detto molto soddisfatto per aver trovato un paese cambiato, che adesso ha permesso alle coppie omosessuali di sposarsi “Mi fa molto piacere, in questi trent’anni ci sono stati dei progressi, come in altri Paesi del mondo. Ho iniziato ad amare il cinema in una maniera che rispecchia quasi un cliché. Avevo un’insegnante d’inglese, a scuola, che parlò alla mia classe del film Quarto potere di Orson Welles. Nello stesso periodo, un’emittente del Connecticut, dove io vivevo allora, decise di trasmettere proprio quel film. Avendo poco a budget a disposizione, lo riproposero anche tre o quattro volte al giorno. L’ho visto almeno dieci volte e l’ho amato. La stessa insegnante, poi ci propose dei film sperimentali canadesi. Così è iniziato tutto”.
Gus Van Sant, quando era uno studente di cinema, si recò in Italia nel 1975, durante un viaggio organizzato dalla sua scuola per fare incontrare agli studenti alcuni importanti registi e incontrò Pier Paolo Pasolini “Aveva appena finito di girare Salò e mentre alcuni studenti andarono in sala di doppiaggio, altri, tra cui io, andarono a casa di Pasolini. In quell’occasione ci trovammo a parlare dei nostri progetti cinematografici. Quando toccò a me, gli dissi che m’ispiravo alla letteratura: volevo tradurre le parole in linguaggio cinematografico. Lui non capì ed io ci rimasi molto male. Non so se davvero non mi capì o se non fosse d’accordo con la mia idea”
Un altro episodio importante della carriera di Van Sant è il suo remake di Psycho, capolavoro di Alfred Hitchcock, che ha girato nuovamente, fotogramma per fotogramma, nel 1998 “Ho deciso di realizzare questo film come reazione al desiderio delle major di intraprendere la strada dei sequel. Loro usavano convocare vari registi per discutere di eventuali remake. Io proposi più volte di rifare Psycho ma senza modificare il finale, come solitamente si faceva puntando sul lieto fine. Io invece volevo rifarlo esattamente allo stesso modo. All’inizio hanno trovato la mia idea ridicola, ma dopo aver girato Will Hunting, nel 1997, si convinsero a farmelo fare”.
Il suo ultimo film, La foresta dei sogni, negli Usa è stato accolto freddamente dalla critica “So che in Italia è stato molto apprezzato dal pubblico. Penso, invece, che negli Usa non sia piaciuto perché ho messo in scena una tragedia romantica, credo che questa idea, cui forse si è poco abituati, non sia stata apprezzata”.
Adesso il regista stà lavorando a un film su John Callahan, fumettista disabile di Portland scomparso sei anni fa, che Van Sant incontrò da ragazzo.
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