Loading...

Torino Free Logo Torino Free
sei qui: Home » La storia di Vittorio Emanuele III di Savoia: il controverso re d’Italia

La storia di Vittorio Emanuele III di Savoia: il controverso re d’Italia

Da Cristina Taverniti

Marzo 27, 2023

La storia di Vittorio Emanuele III di Savoia: il controverso re d’Italia

Sovrano dalle grandi doti la cui reputazione è stata infine macchiata in maniera irreversibile, Vittorio Emanuele III di Savoia è uno dei personaggi storici più controversi della storia d’Italia. Nato a Napoli l’11 novembre 1869 da Umberto I e Margherita di Savoia, ricevette il titolo di “Principe di Napoli” con lo scopo di promuovere l’unità nazionale nello scettico “Sud borbonico”.

Infanzia e formazione: un giovane principe efficiente e puntiglioso

Dalle ricostruzioni storiche emerge che Vittorio Emanuele fu sempre caratterizzato da una salute piuttosto cagionevole. Caratterialmente descritto come serio, riflessivo e freddo, ai limiti del cinismo, il suo distacco fu probabilmente dovuto allo scarso affetto ricevuto dai genitori e al prematuro affidamento all’esigente colonnello Egidio Osio, che fu a lungo un punto di riferimento per il giovane Principe.

Vittorio Emanuele III di Savoia fu il primo nella sua famiglia a ricevere un’istruzione universitaria. Gli studi si tradussero in conoscenze di numismatica (la scienza che studia e classifica le monete), storia e geografia, che consentirono al principe di adottare un approccio pignolo – poiché consapevole – nelle questioni di Stato, tanto che spesso veniva invitato a fare da mediatore in dispute di confine e trattati di pace.

La sua carriera militare iniziò molto presto, e anche nell’esercito Vittorio Emanuele si distinse per la sua preparazione.

Portò tra le milizie la sua attitudine naturalmente efficiente e puntigliosa, e da ufficiale divenne colonnello già nel 1890.

Il matrimonio con Elena del Montenegro

Per quanto riguarda la sua vita privata, il Principe si opponeva al matrimonio combinato; perciò, non ci furono fidanzamenti fino al 1894, quando la corte promosse a insaputa di Vittorio Emanuele alcuni incontri con la giovane Elena del Montenegro. I due si interessarono reciprocamente fin da subito, poiché condividevano visioni e interessi. La vita coniugale, iniziata con il matrimonio del 1896, fu ricca di affetto sincero. I figli arrivarono dopo diversi anni ma furono numerosi: Jolanda (1901), Mafalda (1902), Umberto (1904), Giovanna (1907) e Maria Francesca (1914).

Nei primi anni di matrimonio, Vittorio Emanuele era così sereno che pensò di rinunciare al trono per dedicarsi, forse, ad una carriera accademica.

L’ascesa al trono di Vittorio Emanuele III: dal regicidio alla “monarchia socialista”

Tuttavia, un evento cambiò tutto: re Umberto I fu assassinato, era il 29 luglio 1900.

Vittorio Emanuele successe al padre come re d’Italia, e si impegnò da subito a «consacrare ogni cura di re» (Spinosa, 1990, p. 89) alla monarchia e alle istituzioni italiane. Durante il suo primo incontro con Giuseppe Saracco, allora capo del Governo, affermò di voler sempre visionare i decreti prima che venissero approvati, poiché, disse: «il re vuole firmare errori suoi, possibilmente, non errori degli altri» (Bertoldi, 1970, p. 162).

Nei suoi primi anni di regno, Vittorio Emanuele III conquistò il favore del popolo sfruttando la solidarietà nazionale derivata dal regicidio e il sentimento di umana simpatia nei suoi confronti, il giovane principe improvvisamente orfano. Quando nel 1901 cadde il governo di Saracco, il re chiamò alla guida del paese il leader del centrosinistra, Giuseppe Zanardelli.

Il ministro degli interni del nuovo governo fu Giovanni Giolitti, la cui posizione di apertura nei confronti delle classi lavoratrici era ampiamente sostenuta dal re.

I quattordici anni di collaborazione tra Vittorio Emanuele III e Giovanni Giolitti, definiti della “monarchia socialista”, furono tra i migliori del lungo regno del penultimo sovrano d’Italia. Tra i numerosi traguardi raggiunti in questo periodo si ricordano: la parità aurea, il suffragio universale maschile, il potenziamento del sistema scolastico, la statalizzazione delle ferrovie, la modernizzazione dell’agricoltura, il riconoscimento dei grandi marchi dell’industria pesante italiana. L’impressione diffusa era che l’Italia fosse «un Paese serio, con un re serio» (Bertoldi, 1970, p. 194).

Prima Guerra Mondiale e Dopoguerra: il “re soldato” alle prese con il biennio rosso

Fautore della campagna in Libia del 1911, quando scoppiò la Prima Guerra Mondiale dichiarò tuttavia che l’Italia sarebbe rimasta neutrale. Le cose cambiarono quando il primo ministro Antonio Salandra e il ministro degli Esteri Sidney Sonnino, con il supporto del re, stipularono segretamente il Patto di Londra (26 aprile 1915). Fu l’inizio della guerra per l’Italia.

Durante il primo conflitto mondiale, re Vittorio Emanuele III era solito recarsi al fronte per monitorare le truppe e appuntare puntigliosamente ogni dettaglio, così da evidenziare e correggere le lacune dell’esercito. Il suo impegno gli valse il nomignolo di “re soldato”, a cui si aggiunse il mito del “re vittorioso” dopo la fine della guerra, poiché vantava il merito di aver «concluso il ciclo delle guerre risorgimentali e di aver dato un nuovissimo lustro (e una più sicura esistenza) alla corona» (Bertoldi, 1970, p. 278).

Il dopoguerra fu però molto più complesso del previsto, e le agitazioni del “biennio rosso” fecero crescere i timori di un’imminente rivoluzione comunista. Fu in questo quadro che si affermarono i movimenti nazionalisti e antidemocratici. In questi anni Benito Mussolini e i Fasci di combattimento iniziarono ad agire e, seppure il re non li gradisse, considerava che fossero un possibile freno alla rivoluzione.

Dalla marcia su Roma all’esilio: la fine del regno di Vittorio Emanuele III

Nel 1922, quando Mussolini marciò su Roma, il re era lontano dalla capitale. Quella stessa notte il primo ministro telegrafò Vittorio Emanuele III, che rientrò a Roma deciso a resistere alla minaccia fascista. Fu trovato l’accordo per la diffusione di un decreto di stato d’assedio, ma il giorno dopo il re si rifiutò di firmarlo e decise sulla formazione di un nuovo governo, che fu infine affidato a Mussolini.

Diversi fattori spiegano l’improvvisa scelta del re: considerazioni dinastiche (il duca d’Aosta supportava il fascismo e avrebbe potuto ottenere la corona), il timore di una rivoluzione e la scarsità di alternative, nonché il supporto al fascismo di intellettuali e industriali.

Fu l’inizio della fine. Sebbene in privato il re non approvasse la maggioranza delle misure adottate dal regime, pubblicamente non si oppose mai ad esso e la situazione precipitò. Le leggi diventarono sempre più antidemocratiche e il paese si alleò infine con la Germania di Hitler.

Vittorio Emanuele III non si oppose al regime nei tempi e nelle modalità che avrebbero potuto evitare la catastrofe. Solo nel 1943, concordò l’esautorazione di Mussolini e la sua sostituzione alla guida del paese con Pietro Badoglio.

Dopo l’armistizio con gli anglo-americani, di fatto la resa dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale, Vittorio Emanuele III lasciò Roma alla volta di Brindisi. L’abbandono della capitale subito dopo l’armistizio rappresenta la pietra tombale sulla sua reputazione.

La sua fuga, insieme alla cosiddetta “congiura del silenzio”, ebbero effetti disastrosi sull’Italia: consentirono ai tedeschi di organizzarsi per liberare Mussolini, e così la guerra durò altri venti lunghi mesi. Vittorio Emanuele III di Savoia abdicò nel 1946, alla vigilia del Referendum che avrebbe fatto dell’Italia una Repubblica. Si ritirò ad Alessandria d’Egitto, dove morì il 28 dicembre 1947.

Cristina Taverniti Avatar

Cristina Taverniti

Torinese con la passione per la scrittura e per la fotografia. Credo fermamente che ogni giorno ci sia una storia che valga la pena d'essere raccontata e conosciuta. Ho frequentato l'Albe Steiner e l'università degli studi Alma Mater di Bologna, facoltà Tecniche e culture della Moda, ma non smetto mai d'imparare e conoscere cose nuove!

Privacy Policy Cookie Policy